
“Ci penso io, tu non hai esperienza”
“Non sei capace, fai fare a me”
“Cosa vuoi capire tu, lascia fare a me”
“Si ma devi spingere con un pò di forza… Cosa credi di fare così?”
“Non spingi bene. Dobbiamo fare il Cesareo”
“Hai fatto l’epidurale? E’ troppo comodo così!”
“Adesso facciamo un taglietto, così nasce in fretta questo bimbo!”
“Il tuo seno è piccolo, non hai latte”
“Il bambino piange, lo fai soffrire… Dai l’artificiale!”
“Riprendi a lavorare presto? Povero tuo figlio…”
“Non lo allatti? Essi che lo fanno tutte…”
“Il tuo latte è acqua!”
“Lo allatti ancora? Non vedi che ti diventa viziato?”
Le parole sono armi. Utilizzate in modo indebito possono “uccidere” la fiducia di una madre nelle proprie capacità.
Prima di sputare sentenze facciamo un passo indietro e consideriamo il quadro generale.
Consideriamo l’amore che quella donna prova nei confronti del suo piccolo.
Guardiamo le sue occhiaie, la sua preoccupazione, la sua fragilità e la sua potenza.
E poi parliamo… Sicuramente diremo qualcosa di più sensato.
Questo ragionamento è per le amiche, per le sorelle, per le madri e le suocere.
Mi spiace dirlo, ma questo ragionamento è rivolto soprattutto agli operatori sanitari, ostetriche in prima fila, che troppo spesso non curano la loro comunicazione.
In ogni donna c’è una bambina che ha bisogno di ascolto e comprensione, non maltrattiamola, non facciamola sentire sola e sbagliata.
Basta Poco.
Lo dico con tutto il cuore: fa male sentire raccontare queste storie di violenza verbale.
Ostetrica Stefania